martedì 10 novembre 2009
La carogna dell'alligatore galleggiava a pancia all'aria.
Era stato abbattuto perché aveva iniziato ad avvicinarsi troppo all'accampamento e nessuno voleva rimetterci un braccio o una gamba.
La puzza dolciastra della decomposizione si mescolava a quella della selva.
La prima capanna distava un centinaio di metri. L'italiano chiacchierava con Huberto. Avvertì la mia presenza. Si voltò e mi sorrise.
Gli strizzai l'occhio e lui riprese a parlare. Mi portai alle sue spalle, respirai a fondo e gli sparai alla nuca. Si afflosciò sull'erba. Lo afferrammo per i piedi e le braccia e lo buttammo a fianco all'alligatore. Il rettile a pancia all'aria e lui a faccia in giù.
L'acqua era così densa e immobile che sangue e brandelli di cervello riuscirono a fatica a ricavarsi uno spazio non più grande di un piattino da caffè.
Huberto mi prese la pistola, se la infilò nella cintura e con un cenno del capo mi fece segno di ritornare al campo. Obbedii anche se avrei voluto rimanere a fissare ancora un po' il corpo nell'acqua.
Non pensavo che sarebbe stato così facile.
Massimo Carlotto
© Copyright 1998 by Edizioni e/o - Roma
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da http://www.massimocarlotto.it/arrivederci-amore.html
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